Questo libro racconta la storia del primo album realizzato dal Wu-Tang Clan, intitolato Enter the Wu-Tang (36 Chambers) e pubblicato alla fine del 1993. Sembra semplice, messa così, ma ci sono molti modi per raccontare una storia. Questo non è, per esempio, uno di quei volumi che ti spiegano per filo e per segno ogni sessione di registrazione, chi c’era, cosa indossava, chi è uscito un attimo per fumarsi una sigaretta e così via. Invece, è un tentativo di riflettere la forma e l’ethos sia dell’album su cui si concentra, sia dell’hip hop nel complesso: il genere o, più precisamente, la cultura a cui appartiene quell’album. Il periodo dal 1993 al 1994 è stato infatti un momento chiave per l’evoluzione dell’hip hop, una sorta di rinascimento a vent’anni dalla sua nascita negli slums del South Bronx. Uno degli scopi di questo libro sarà mostrare il genio unico dell’operazione dell’hip hop, la maniera in cui rilancia molte tradizioni della musica e della cultura afroamericana in modi completamente nuovi, allontanandosi dalla linearità della tradizione musicale occidentale e abbracciando la citazione non solo come strumento o tecnica, ma come l’ethos stesso della creatività, dell’originalità. Ovviamente ogni appassionato dell’hip hop ha il proprio disco o gruppo preferito, ma il presupposto di questo libro è che il genio dell’hip hop raggiunge una sorta di apogeo selvaggio e sgangherato in Enter the Wu-Tang, e che avvicinarsi alla comprensione di quel disco significa anche capire qualcosa dell’America, un luogo che, come la musica a cui ha dato vita, crea bellezza e audacia, umorismo e calore, il tutto a partire dall’orrore sottostante. Per adeguarsi al soggetto che tratta, anche questo libro adotterà come modello un approccio da gazza ladra, in gran parte non lineare e ricco di oggetti e campionamenti. Invece di un libro, avete aperto la scatola di un puzzle.