Sono le prime ore di giovedì 6 luglio 1961 di una calda notte d’estate e un giovane giace morto su una strada vicino a Geneva, a 300 miglia da New York, il suo corpo è bruciato e senza possibilità di riconoscimento. Una star della scena jazz americana si è spenta. In pochi istanti, a soli 25 anni, la vita di Scott LaFaro, uno dei bassisti più innovativi nella storia del jazz, è finita. “Solid” non è né una biografia, né un saggio musicologico, ma solo uno studio, un ritratto di Scott LaFaro. A livello biografico, ci sono solo alcuni passaggi che ricordano il periodo della sua infanzia e adolescenza a Geneva, e la storia inedita dei nonni paterni che erano emigrati negli Stati Uniti dalla Calabria. “Solid” è “un’altra parola su Scott” scritta principalmente utilizzando i dati forniti da alcuni autorevoli studiosi americani e francesi e quelli riportati da un sito web incentrato sul giovane musicista italo-americano. Si tratta di materiale totalmente inedito in Italia e tradotto dall’autore. Lo studio è stato realizzato con ricerche approfondite anche sul ruolo svolto da altre figure di spicco con cui Scott ha condiviso la sua straordinaria storia. Il titolo richiama l’essenza di un messaggio inviato a Scott da Miles Davis. È una cartolina di saluti con la quale il celebre trombettista gli fa capire che lo vorrebbe nella sua formazione come contrabbassista. Dopo avere descritto il contesto in cui è vissuto, un’attenzione speciale è dedicata al modo in cui LaFaro suonava il suo strumento e a quanti contrabbassisti di talento sono stati influenzati dal suo approccio rivoluzionario. In seguito, “Solid” si concentra principalmente sull’esame di alcuni eventi che spiegano l’originalità e la complessità di questo musicista e il periodo a partire dal 1955, anno in cui lascia l’Università di Itaca e inizia il suo primo tour come musicista professionista, fino al momento del tragico incidente in cui ha perso la vita.