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Ágætis Byrjun – Sigur Rós

today8 Febbraio 2023 2

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Sono passati un po’ di anni dal debutto dei Sigur Rós. A quel punto, la band ha reclutato un nuovo tastierista di nome Kjartan Sveinsson e sembra che questo non abbia fatto altro che portare il gruppo a uno stato di autoconsapevolezza ancora più elevato. Anche per quanto riguarda le questioni estetiche, i Sigur Rós intitolano il loro secondo lavoro non in modo da giocare con l’ironia delle grandi aspettative (alla maniera di Second Coming degli Stone Roses), ma con una modesta realizzazione. Questo secondo album – Ágætis Byrjun – si traduce all’incirca in Good Start. Quindi, per quanto Von potesse essere talentuoso, questa volta è probabilmente ancora più degno delle drammatiche aspettative del debutto. Infatti, Ágætis Byrjun non fa una piega fin dall’inizio. Dopo un’introduzione che non ha nulla da invidiare a una delle bellezze arretrate dei già citati Stone Roses, l’album entra nella nebbia mattutina con “Sven-G-Englar”, una canzone di una tale magnificenza che viene da chiedersi come mai un paese così piccolo come l’Islanda possa superare musicalmente interi continenti in pochi minuti. Il resto di questo full-length segue una qualità simile. Archi estremamente profondi sostengono lamenti in falsetto, dall’epico lutto (“Viðar Vel Tl Loftárasa”) al cinematografico senza riserve (“Avalon”).

Si rimane costantemente in attesa di sentire quali affascinanti svolte prenderà una musicalità così complessa in qualsiasi momento. Al suo meglio, l’album sembra realizzare tutto ciò che promettevano post-shoegazer in ritardo come Spiritualized o Chapterhouse. Tuttavia, nel peggiore dei casi, l’album scivola talvolta in un eccesso di strutture sonore. Prendiamo ad esempio “Hjartað Hamast (Bamm Bamm Bamm)”: ci sono così tanti strati di archi pesanti, atmosfere dense e voci in dissolvenza che diventa un pasticcio inefficace di stili su stili. Come ci si aspettava, però, l’acuto senso dello Sturm und Drang della band è per lo più contenuto in un’elegante gamma di melodie per il resto di questo follow-up. Raramente un secondo lavoro ha avuto un suono così denso e sorprendente. Il che significa che “Good Start” potrebbe anche diventare uno dei più affascinanti understatement usciti da una band negli ultimi anni.

Scritto da: alex

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