Listeners:
Top listeners:
ZeroPuntoZeroMHZ Radio
Amici di lunga data e collaboratori, Devendra Banhart e Noah Georgeson hanno legato presto su esperienze simili nella prima infanzia con genitori che si dilettavano con le sottoculture new age. Questo significava una precoce esposizione a concetti come il cibo salutare e la spiritualità alternativa, ma anche ai suoni meditativi degli artisti new age degli anni ’80. I due musicisti hanno discusso a lungo del loro amore condiviso per questa particolare setta di musica ambient, e hanno accarezzato l’idea di fare un album che suonasse a casa nel roster di Windham Hill della metà degli anni ’80. Quando la pandemia di COVID-19 ha preso piede nel marzo del 2020, Banhart e Georgeson hanno usato il loro tempo in quarantena per realizzare finalmente questo sogno, collaborando a distanza ai suoni che sono diventati Refuge. I 12 pezzi che compongono l’album sono quasi interamente strumentali, e per la maggior parte seguono il disegno del materiale new age degli anni ’80 che ha ispirato il progetto. “Book of Bringhi” e “Rise from Your Wave” sono costruiti intorno a melodie di piano che si muovono lentamente e pad di sintetizzatore fluttuanti e ricoperti di riverbero. A volte gli ospiti speciali contribuiscono con texture e timbri aggiuntivi al mix. La paziente “In a Cistern” inizia con una progressione di note di arpa pizzicata da Mary Lattimore (un’eccellente compositrice ambient a sé stante), e presto si unisce la sferragliante pedal steel di Nicole Lawrence. “Into Clouds” è più pesante e più sintetica, con una discreta grancassa digitale che guida strati di synths rintoccanti e lead di chitarra lunatici. “For Em” inizia di nuovo con un piano minimale, ma cresce fino ad includere commoventi arrangiamenti di archi e fiati. La splendida chiusura dell’album “Aran in Repose” presenta anche un complesso arrangiamento orchestrale, che evoca la stessa ingenua bellezza delle prime colonne sonore Disney. C’è anche un mantra cantato e registrazioni sul campo di cerimonie buddiste intrecciate alla fine della tempestosa “Asura Cave”, che amplifica le sfumature spirituali di Refuge. Anche se i suoni ambientali meditativi sono al di fuori delle solite case di Banhart e Georgeson, essi portano qualcosa di speciale a questa conversazione strumentale che va al di sopra e al di là del disco medio di panoramiche sonore vibranti. Refuge suona composto, riflessivo e intimo, con riflessioni sul dolore, il lutto, l’accettazione e il sollievo che emergono nel carattere delle varie atmosfere dell’album.
Scritto da: alex