FABRIZIO GALASSI del coordinamento stage & indies, esperto di piattaforme e social: BELIEVE VS GLI ASCOLTI FRAUDOLENTI: PER FARE IL TAKEDOWN DEGLI INTERI CATALOGHI DELLE PICCOLE ETICHETTE SERVE L’ONERE DELLA PROVA
ANCHE IMPALA, L’ASSOCIAZIONE EUROPEA DEGLI INDIPENDENTI, E’ CONTRARIA A SPOTIFY CHE NON PAGHI SOTTO I 1000 STREAM, ECCO LE SUE PROPOSTE
Siamo in una situazione abbastanza bizzarra e anche importante, oserei dire grave.
Sia Spotify, sia Believe Digital stanno attuando dei forti provvedimenti contro gli ascolti fraudolenti, ossia contro gli ascolti taroccati bottati finti fake. E’ una cosa giusta, per carità.
Tuttavia, la questione sorge quando ci si chiede se tali misure siano corrette e se rispettino un equilibrio nei confronti degli artisti e delle etichette coinvolte; ma sarebbe il caso di prendere provvedimenti anche nei confronti delle stream farm.
Entrambe le piattaforme hanno il potere di rimuovere ascolti, demonetizzare quelli sospetti e, in alcuni casi, addirittura eseguire un takedown (cancellare l’uscita da tutti gli store di streaming).
Ma in alcuni casi si sta esagerando.
Un esempio recente proviene da una comunicazione da parte del Meeting delle Etichette Indipendenti (MEI) datata 16 Dicembre, in cui emerge che Believe Digitale sta minacciando di eseguire il takedown su intere discografie di etichette che utilizzano gli ascolti in modo fraudolento.
Il problema centrale è l’onere della prova.
Believe Digitale deve dimostrare attivamente che un’etichetta ha acquistato ascolti fraudolenti. E questa è una sfida considerevole. Perché, ad esempio, io posso comprare ascolti fake e farli atterrare su un artista mio concorrente, per cercare di delegittimare il suo operato, di metterlo in cattiva luce con Spotify o con Believe e spingere le due piattaforme a fare il takedown del brano.
Si chiama concorrenza sleale.
È difficile dimostrare che un’etichetta abbia effettivamente pagato per ascolti fraudolenti, richiede una tracciabilità dei pagamenti. Tuttavia, molti di questi ascolti falsi vengono acquistati in nero attraverso PayPal e altre forme di pagamento anonime, rendendo arduo il processo di dimostrazione.
L’industria musicale deve riflettere su come affrontare questa sfida, sviluppando meccanismi più trasparenti e sicuri per monitorare gli ascolti e proteggere gli artisti da pratiche ingannevoli. In questo intricato scenario, la chiarezza, la tracciabilità e una collaborazione aperta tra piattaforme digitali, etichette e artisti potrebbero essere la chiave per garantire un ambiente equo e sostenibile per tutti. Tra le proposte in questa direzione quella di chiedere a Spotify di non rendere piu’ pubbliici gli stream che annullerebbe tutto questo problematico circuito.
Aggiungiamo che le sanzioni dovrebbero essere indirizzate anche alle aziende che propongono i servizio di fake plays e stream farm.
Anche Impala, l’associazione europea delle etichette indipendenti, sta portando avanti una serie di azioni per convincere Spotify a fermare la policy sulla soglia delle 1.000 plays.
I punti fondamentali delle sue proposte sono:
– Non demonetizzare le tracce sotto le 1.000 plays (a vantaggio di quelle più popolari)
– Chiede piani più concreti per la diversità, artisti locali ed etichette indipendenti
– Sono a favore di demonetizzare i brani non musicali, come rumore rosa o suoni ambientali
– Ok a sanzionare le attività fraudolenti (fake plays) ma con controlli adeguati
Per approfondimenti:
video: https://www.instagram.com/reel/C08kc8CN2Pd/?igshid=MzRlODBiNWFlZA==
Fonte: believe-vs-gli-ascolti-frauddolenti-per-fare-il-takedown-degli-interi-cataloghi-delle-piccole-etichette-serve-lonere-della-prova
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