Per l’Unesco la radio è un insostituibile canale di informazione, supporto per la diffusione della cultura e della libertà di parola.
In Italia la radio compie 100 anni. Si può avvicinare l’emozionante storia della radiofonia toccandola con mano. In tutta la penisola si contano molte associazioni di amatori, audiofili e collezionisti che insieme alle istituzioni hanno contribuito a creare musei della radiofonia, piccoli grandi gioielli in cui si ripercorrere l’evoluzione del mezzo radiofonico, ascoltando le voci e la musica che hanno accompagnato un secolo di storia nazionale.
Alle 12.30 del 12 dicembre 1901, da un telegrafo di St. John di Terranova, in Canada, viene trasmessa, in segnale morse, un’unica lettera: “S”. Intanto, nella piccola Poldhu, sulle coste della Cornovaglia, c’è in attesa impaziente del segnale un giovane fisico italiano. La S non passerà da cavi e fili, ma nell’aria, o meglio nell’etere, sorvolerà in pochi attimi l’Atlantico e arriverà alle orecchie di quello che sarà uno dei pionieri della radio, Guglielmo Marconi. Marconi decrittò la S e portò a termine un esperimento sulle onde elettromagnetiche che avrebbe rivoluzionato la storia delle comunicazioni. Che poi questa sia una versione dei fatti ancora controversa, verosimile, poco importa, ma la suggestione è tanta, almeno quanta ne conserva la radio, anche nel ventunesimo secolo.
Per il World Radio Day, l’Unesco ha invitato l’industria radiofonica mondiale nelle forme istituzionali, commerciali e no-profit a sottolineare il valore della radio, sia come insostituibile canale di informazione, che come supporto per la diffusione della cultura e della libertà di parola soprattutto nelle società con una povertà diffusa e una democrazia limitata.
Gulielmo Marconi
Marconi è considerato il padre della radiofonia, ma non il primo. Prima di lui James Clerk Maxwell riuscì a spiegare come le onde elettromagnetiche si propagano nello spazio e il fisico inglese Oliver Lodge, nel 1894, costruì il primo rivelatore di onde elettromagnetiche. Fu Lee De Forest, nel 1907, a inventare l’amplificatore a triodo.
Dopo i primi esperimenti amatoriali, furono le esigenze di comunicazione militare durante il primo conflitto mondiale a sviluppare la tecnologia radiofonica, che divenne cosa di molti negli anni venti e che la BBC portò in Europa nel 1922.
Il 13 febbraio 2024 sarà per la radio nazionale una giornata particolare. Un attraversamento tra il secolo appena finito e quello che verrà, con la nuova era del podcasting e dello streamingche rimanda alle sfide pionieristiche della radiofonia di fine ottocento e del primo novecento. La nostra prima trasmissione radiofonica data 6 ottobre 1924 e il primo annuncio dell’URI (Unione Radiofonica italiana) fu quella di Ines Viviani Donarelli, che anticipava un programma di musica, seguito da un bollettino meteorologico e dalle notizie di borsa.
Ines Viviani Donarelli
Per non limitarsi all’esercizio tassonomico, si può avvicinare l’emozionante storia della radiofonia italiana toccandola con mano. In tutta la penisola si contano molte associazioni di amatori, audiofili e collezionisti che, insieme alle istituzioni, hanno contribuito a creare musei della radiofonia, piccoli grandi gioielli in cui si ripercorrere l’evoluzione del mezzo radiofonico, ascoltando le voci e la musica che hanno accompagnato un secolo di storia nazionale.
Una esperienza a 360 gradi si può vivere nel Museo della Radio e Televisione Rai di Torino, il cui nuovo allestimento è stato inaugurato nel 2020 e che rende davvero fruibile e interattiva la visita, suddivisa in tre sezioni legate tra loro dall’oggetto “microfono”, elemento tecnologico ed estetico che accomuna più di ogni altro radio e televisione. Nella prima sezione si conoscono le prime forme di comunicazione a distanza: telegrafo, telefono, araldo telefonico, onde hertziane, detector Marconi. Nella seconda, invece, ecco la nascita e l’evoluzione della radio, dall’”uccellino” dei notiziari, agli apparati anni 30, fino alle radio libere del boom industriale. La terza sezione è, invece, dedicata alla televisione e alla sua storia: dalla tv meccanica di Baird del ’28 allo sviluppo della prima tv elettronica, il bianco e nero, i colori e l’ultima transizione al digitale.
Rimanendo nel nord Italia, spingendosi però ai piedi delle Prealpi trevigiane, nella Marca Trevigiana, si arriva al comune diCison di Valmarino, un paese ricco di bellezze storiche ed artistiche valorizzate anche dal Touring Club Italiano con la certificazione della Bandiera Arancione. Qui si trova un piccolo, ma suggestivo museo dedicato alla radio, anzi alle radio… d’epoca.
Il museo si trova all’interno del Teatro “La Loggia” di Cison ed espone 72 apparecchi radiofonici che testimoniano l’evoluzione tecnologica ed estetica della radio e la sua funzione culturale e sociale tra gli anni 20 e i 70 del novecento. A beneficio degli appassionati, si possono citare pezzi di pregio come la Sluchawscki Detefon Mod DT2, una piccolissima ma efficientissima radio a galena polacca del 1920, l’americana RCA Mod. Radiola 18 del 1928 – ’29 incastonata in un mobile noce e l’altoparlante detto “cappello di Napoleone”, il radiofonografo Safar Mod 2940 progettato nel 1938 da un illustre cisonese, l’ing. Virgilio Floriani.
Ci sono due luoghi, a Verona e Bologna, che sono cresciuti nel nome e nella celebrazione della ricerca di Marconi. Il primo è il Museo della Radio di Verona, il secondo il Museo della Comunicazione e del Multimediale G. Pellagalli di Bologna. Sono due esposizioni permanenti che per vicinanza geografica e per assonanza di scopi divulgativi rappresentano due punti di riferimento nel racconto della radiofonia e della comunicazione italiana.
A Verona, presso l’Itis Galileo Ferraris, c’è il Museo della Radio Guglielmo Marconi che concentra il suo interesse appunto sulla figura di Marconi e nasce dalla collezione di radio d’epoca di Alberto Chianti. Riconosciuto ufficialmente dalla famiglia dello scienziato, e patrocinato dal Touring Club Italiano, il museo è unico al mondo in quanto possiede l’antenna direzionale che trasmetteva dal panfilo Elettra il primo “segnale wifi” della storia. Vi sono conservati oltre 1000 radio e altre apparecchiature legate alla comunicazione dai primi del Novecento in poi.
Oltre i confini della pianura padana si trova invece il Museo della Comunicazione e del Multimediale G. Pellagalli di Bologna. La radio ha uno spazio centrale in un allestimento che si compone di circa 2000 esemplari e si sviluppa in un percorso cronologico che inizia con la radio di Marconi e la fonografia di Edison, per arrivare al cinema dei Lumière, la televisione di Baird, la telefonia del Meucci, il computer di Steve Jobs e Bill Gates, ma anche le macchine musicali meccaniche del ‘700/’800, i juke box che hanno fatto consumare molte suole nelle balere e nelle discoteche emiliane e romagnole, ma non solo
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