“Molti pensano che io non esista, che sia una leggenda metropolitana.
Qualcuno giura di avermi visto con Jim Morrison vagare la notte al cimitero di Parigi fra le tombe.
Qualcuno mi ha visto vestito come Pippo all’entrata di Disneyland per dare il benvenuto a quelli che arrivano.
Qualcuno ha detto che ero impazzito perché avevo lasciato gli 883, e che avevo buttato tutti i vestiti per strada, dal decimo piano.
Qualcuno non sa chi sono.
Io sono, molto semplicemente, uno che ha sognato e non vuole smettere di farlo. Uno che ha cantato e ballato sui suoi sogni. Uno che ha vissuto, sbagliato, riso, pianto, amato.
Un Visionario.
Uno che è cresciuto in fretta e non è cresciuto mai.
Uno che è un mix tra Ulisse e Nando Mericoni alias Sante Bailor.
Sono solo un Jack Sparrow sul Ticino.
Bisogna avere coraggio e pa..e quadre. Dire no anche al destino, se serve. Capire che a volte la vita ti mette alla prova. Bisogna saper distinguere tra tentazioni e necessità. Capire i falsi movimenti. Respirare a fondo, respirare a lungo. Guardare in faccia i tuoi anni fino a vederne i lineamenti. Togliere le ombre. Rimuovere quasi in maniera chirurgica quello che ti fa male. Voltare le spalle e andarsene anche dal sogno, perché il sogno è marcito e manda già cattivo odore. Allontanare tutto quello che ti sottrae serenità e metterlo in una scatola, che poi chiudi e sigilli con una scritta e una preghiera: passato, amen.
Il passato è un accaduto. Un participio passato. Qualcosa a cui tu guardi e che non puoi e non devi rinnegare, ma che non può in alcun modo condizionarti. Guardo il mio passato come si guarda un film. Il video è sempre davanti a me, ma non sempre lo accendo. A volte è meglio che rimanga spento. Altre volte schiaccio play, ma mi vedo come non fossi io. Sono sempre io, ma al tempo stesso sono un altro, perché oggi sono una persona diversa. Mi sdoppio. Sono contemporaneamente protagonista e spettatore. A volte mi riguardo con tenerezza, altre volte vedo passaggi che mi lasciano indifferente o che mi scuotono. Non mi arrabbio mai. Non penso mai che avrei potuto fare diversamente. Finito un set ne inizia un altro. E se perdi una partita ne hai comunque davanti a te un’altra. Prima o poi vinci.
Non ho problemi a parlare del mio passato, di quello che sono stato. Anche perché mi sembra che nelle mie vecchie pagine ci sia un bel dinamismo che mi ha condotto a essere quello che sono. E c’è continuità tra una vita e l’altra, tra un periodo e l’altro. Non vedo strappi, ma solo evoluzione, anche se agli occhi degli altri qualcosa può essere apparso come involuzione. Non è così. Solo chi li ha vissuti può davvero giudicare i propri passi, sapere come si trovava a camminare con quelli che, di volta in volta, erano scarponi, scarpe da ginnastica o sandali. Però io ho sempre camminato. Insomma, se fossi il regista del film della mia vita non taglierei nessuna scena. Quello che Dio mi ha dato in sorte va bene così. E poi mi piace pensare che non siamo ancora nemmeno arrivati al secondo tempo. Anzi, a dirla tutta, siamo al pilot di una serie televisiva. Aspetto con ansia la messa in onda della prima puntata.
A volte é stato difficile spiegare. Ho avuto delle difficoltà a far capire le mie scelte alla mia famiglia. Ancora adesso a Disneyland Paris ci sono colleghi italiani che mi guardano come un alieno. Mi vogliono bene, mi rispettano, ma si vede chiaramente quello che pensano. E quello che pensano é: “Questo é pazzo. Chi gliel’ha fatto fare di buttare tutto alle ortiche?”. Il fatto é che io non ho buttato niente, se non il superfluo. Ho tenuto quello che serviva per continuare a camminare senza fermarmi mai.
A Max non ho mai detto: “Lascio gli 883”. Ho solo detto: “Vado a Miami e non so se torno”. É diverso. Il focus era sul futuro e su quello che volevo e dovevo trovare, non su quello che lasciavo.
Nella mia vita ci sono state molte diagonali. Frecce da scagliare che segavano il vento in due. La prima: alla ricerca del sogno. La seconda: il sogno che si realizza. La terza: il sogno che si frantuma. La quarta: il nuovo sogno. La quinta: il sogno di diventare un fantasma. La sesta: il sogno di tornare a vivere pienamente. La settima: il sogno di domani.
Ma, a ben guardare, c’é anche un’altra diagonale. Sono stato il motore, il carburante e l’energia che doveva portare me e un simpaticissimo e amicissimo compagno di banco da un punto A – sognare di fare dei dischi – al punto B: consegnare una cassetta a Claudio Cecchetto e smettere di sognare e basta. Accompagnare il sogno nella realtà, farci credere che potevamo sognare talmente forte da farci uscire il sangue dal naso, come cantava Fabrizio De André. Poi ho avuto altri sogni: Hollywood, un disco in America, l’amore, la bellezza, la felicità. Qualcosa é arrivato e qualcosa no. Quello che conta é continuare a pedalare. Io negli 883 sono stato il leader e il gregario.
All’inizio ero io a tirare, a strappare, a gridare a Max che doveva starmi a ruota; poi lui é diventato il capitano e io dietro. Ma era giusto così.
Queste sono le mie diagonali, questa é la mia storia. Una storia che sono due storie. La mia é quella degli 883, di cui é stato scritto poco o nulla. Io c’ero, anche se a volte solo con il corpo. La mente, certi giorni, navigava altrove“
(dal libro)
Mauro Repetto è stato, insieme a Max Pezzali, il fondatore degli 883, nonché il primo cantante e co-autore delle più celebri hit del duo. Se Max era (ed è) la super star degli 883, Mauro Repetto è invece la leggenda vivente: il “biondino” che negli anni 90 ballava, dimenandosi, dietro a Pezzali, e che poi ha improvvisamente mollato tutto, all’apice del successo.
Successo clamoroso ! Che arriva quando è appena un ragazzo, è seguito in breve tempo da crisi, panico, disorientamento, da considerazioni del tipo “non è più il mio sogno”.
La crisi è talmente profonda che Repetto sparisce da un giorno all’altro, lasciando a Max, suo amico e sodale, soltanto una frase ambigua che col senno di poi verrà decifrata per quel che è: un addio. Repetto, infatti, abbandona la musica, la popolarità e i tanti soldi che stanno arrivando per andarsene negli Stati Uniti, alla ricerca di altri sogni e di una modella che ha visto una volta sola a una sfilata di moda. Negli anni seguenti nasce il mito, tutti si chiedono dove sia finito, che cosa faccia, se sia ancora vivo o se non abbia fatto la brutta fine dell’Uomo Ragno cantato nelle sue canzoni. In realtà quello che gli succede in America non è mortale, ma sconfina nell’incredibile, al punto da assomigliare a un film di Tarantino, tra gangster e illusioni, pestaggi e briciole di Hollywood. Grazie a quell’esperienza Repetto matura il desiderio di ritorno a casa e la decisione di diventare invisibile, anonimo, di non essere riconosciuto da nessuno. Con bravura e un pizzico di fortuna, cerca se stesso e trova anche l’amore, i figli e la pace con il suo passato, che oggi gli fa dire in modo liberatorio che “non ha ucciso l’Uomo Ragno”, ma ha solo inseguito e raggiunto i suoi nuovi sogni.
La vita di Mauro Repetto assomiglia più a un romanzo che a una biografia, ed è tutta mirabilmente raccontata nel libro.
Pubblicato a Settembre 2023. Pagine 168. Editore: Mondadori