I Preludi di Chopin sono certamente una scelta convenzionale per un’uscita di debutto, e quelli di Chelsea Guo sono forti se non distinti; è una suonatrice di grande facilità tecnica, che applica a letture piuttosto asciutte dei Preludi. A volte li sviluppa in modi inaspettati man mano che procedono; ascoltate il Preludio No. 4 in Mi minore, dove Guo esce dal solito tempo fisso per un gesto drammatico. Le sue corse fluide e gli arpeggi sono, senza dubbio, soddisfacenti da ascoltare, ma non è l’attrazione principale qui. Piuttosto, Guo fa cose che sono quasi senza precedenti, cose che possono aver fatto notizia da sole, ma che sono ancora sorprendenti da sentire per la prima volta. Prima di tutto, canta, una sottospecialità insolita per una pianista. In secondo luogo, ha un caratteristico soprano leggero, forse più caratteristico del suo modo di suonare il pianoforte. Infine, si accompagna da sola al piano, cosa irrilevante nel mondo del pop ma quasi inaudita nella canzone del XIX secolo. Qui, ci sono solo tre numeri vocali in tre lingue diverse; Guo sembra a suo agio in tutte. Ascoltate Moja pieszczotka di Chopin, Op. 74, No. 12, dove la sua articolazione non denota un esercizio ma un reale coinvolgimento nel testo di Adam Mickiewicz. È convenzionale dire, scrivendo del lavoro di un artista di 20 anni, che si aspetta ciò che verrà dopo, ma in questo caso, ciò che verrà, se Guo continuerà con la sua fusione vocale-strumentale, potrebbe essere un tipo completamente nuovo di narrazione musicale.
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